mercoledì 23 maggio 2007

A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare

Ancora non avete visto questo film?

"Keanu Reeves, in carne e disegno, è lo straordinario interprete di A Scanner Darkly, lo stupefacente sogno digitale di Richard Linklater"

Fred Arctor è un agente della narcotici nascosto dentro una tuta disindividuante e infiltrato in un gruppo di consumatori abituali di Sostanza D, un acido che brucia il cervello e provoca allucinazioni. La tuta cangiante protegge la sua vera identità e la mutua in Bob Arctor, compagno di una schizzatissima brigata di tossici dislocati a Orange County, in California. Incaricato di sorvegliare un trafficante di droga e il suo giro di affari, Fred/Bob finisce per spiare se stesso, sempre più instabile per l’assunzione della sostanza D. L’abuso lo conduce alla schizofrenia, sviluppando una doppia personalità. Denunciato da Barris, un drogato informatore, ai suoi ambigui superiori di polizia, Fred/Bob finisce in una comunità di recupero ai confini col Messico, dove scoprirà che tutto è connesso: chi controlla produce e diffonde. L’“oscuro scrutare” di Richard Linklater ripropone la sperimentazione estetica di Waking Life, il suo film precedente girato come un normale live action e poi ritoccato con l’animazione grafica. Il cast in carne e ossa, capitanato dall’ex hacker Keanu Reeves, viene ripreso dal vivo e successivamente trasformato in disegno animato sullo sfondo mosso dal rotoscope, una tecnica che permette di ottenere un movimento animato a partire da un filmato reale. La scelta di Keanu Reeves e della cifra stilistica sono entrambi funzionali alla storia, raccontata e “clonata” dall’omonimo romanzo di Philip K. Dick. Ancora una volta, come il Neo dei fratelli Wachowski, l’attore si aliena da se stesso recuperando la sua “matrice”, la sua realtà virtuale che finisce per confondere e poi smarrire quella reale. Se le macchine creano Matrix, è un’overdose di Sostanza D. a produrre le alterazioni percettive del protagonista. Il procedimento tecnico, il ridipingere digitalmente l’immagine fotografica dell’attore, restituisce la stratificazione dell’identità del protagonista, Fred Arctor che è anche Bob Arctor, e insieme gli infiniti volti variabili della scramble suite (la tuta) dickiana. L’esperienza alterata della tossicodipendenza, la paranoia, l’incapacità di definire la realtà reale, vissute dallo scrittore statunitense e formalizzate in uno dei suoi più grandi atti di accusa contro il controllo e l’arbitrario scrutare governativo, si traducono in uno psichedelico impasto di carne e digitale. Un incubo dark che crea dipendenza.
MYmovies 2007
Qui sotto trovate il trailer del film UN OSCURO SCRUTARE http://www.mymovies.it/dizionario/trailer.asp?id=35926

lunedì 14 maggio 2007

U.S.A. contro John Lennon

" Toccante documentario su una popstar all'apice del successo Dieci anni di vita della rockstar che raccontano come sia diventato un attivista convinto contro la guerra". Uscita nelle sale: 01/06/2007

"All We Are Saying Is Give Peace a Chance". Il mantra di John Lennon è stato uno degli inni rivoluzionari pacifisti con la più alta capacità di penetrazione nel mondo anglosassone e non. Il più 'politico' dei Beatles (che avrebbe scritto e musicato quell'evergreen che è Imagine) era all'epoca già entrato nella "fase Yoko Ono" che avrebbe poi portato alla dissoluzione del gruppo scatenando le ire dei fan e dando il via alle accuse nei confronti della compagna orientale del musicista. Questo documentario, che vede l'attiva collaborazione della vedova e che pertanto non può metterla in cattiva luce, ha comunque il pregio di mostrare, attraverso molti documenti inediti e interviste a chi all'epoca era entrato in contatto con il musicista, un'altra faccia della medaglia. È quella di una pop star all'apice del successo che, grazie forse anche a un'infanzia e adolescenza travagliate, sente il bisogno di fare qualcosa per un mondo che sia più in pace con se stesso. Sono gli anni della guerra nel Vietnam e Lennon è pronto a manifestare il suo dissenso in tutte le forme possibili. A partire dal "bed in" ad Amsterdam in favore della pace con la stampa ammessa periodicamente attorno al talamo nuziale fino all'attivo sostegno delle campagne anti Nixon negli States. Ed è qui che ebbe inizio il tentativo da parte dell'FBI di Edgar Hoover (che riferiva direttamente alla Casa Bianca) di espellere l'artista dal territorio americano. Perché giustappunto l'artista stava diventando sempre più 'politico' e riusciva, con il concerto di una sola serata, a far rivedere una sentenza che condannava pesantemente per l'uso di marijuana un'attivista pacifista. Questo Lennon era stato presentato all'epoca in Europa più come uno stravagante performer che come un impegnato militante. Le testimonianze di Walter Cronkite, di Angela Davis, di Ron Kovic (ricordate Nato il 4 luglio?), di George McGovern e di numerosi altri illuminano ora questo aspetto sinora mai abbastanza messo in luce della sua personalità. I Beatles all'epoca apparivano come il gruppo 'perbene' da contrapporre ai dissacranti Rolling Stones. Ma chi può ricordare un altrettanto partecipe attivismo politico da parte di Mick Jagger? Documentari come questo, che provvedono a far rivedere criticamente certi giudizi aprioristici, sono i benvenuti.

Giancarlo Zappoli

Qui sotto trovate il link del trailer del documentario U.S.A contro John Lennon.
http://www.mymovies.it/dizionario/trailer.asp?id=44685

giovedì 10 maggio 2007

Grindhouse - Death Proof

Omaggio ai b-movies anni '70 dal re del pulp Tarantino Mentre un gruppo di ragazze passa le serate nei locali di Austin, un killer psicopatico, Stuntman Mike, si diverte a uccidere le sue vittime a bordo di una Chevrolet Nova. Uscita nelle sale: 01/06/2007

Concepito come un tributo ai vecchi b-movies degli anni '70 pieni zeppi di violenza e sesso Grindhouse doveva essere un horror/splatter diviso in due segmenti, Planet Terror e Death Proof diretti rispettivamente da Robert Rodriguez e Quentin Tarantino. Dopo la catastrofica uscita statunitense la produzione ha deciso di dividere il film in due parti e di farle uscire separatamente, con Death Proof che farà il suo debutto - in una nuova versione allungata - al festival di Cannes. La storia di Tarantino si divide tra un gruppo di ragazze, Jungle Julia (Sydney Tamiia Poitier), Shanna (Jordan Ladd) e Arlene (Vanessa Ferlito) che si divertono a passare le serate nei locali di Austin, e Stuntman Mike (Kurt Russell), un killer psicopatico che uccide le sue vittime a bordo di una Chevrolet Nova. "La dinamica che si crea tra un gruppo di ragazze affiatate mi ha sempre affascinato. Ho passato gli ultimi anni insieme a delle amiche e ho avuto la possibilità di entrare nel loro mondo, sentire i loro discorsi, vedere come si comportano. Quando ho iniziato a lavorare sulla sceneggiatura sapevo che l'avrei scritta intorno alle loro storie", spiega il regista. Come nel caso di Kill Bill, anche Death Proof è un film d'exploitation. "Una cosa che ho sempre amato di questi film" rivela Tarantino, "è che nel mezzo di tutto, all'improvviso inizi ad affezionarti ai personaggi e subito dopo non t'interessa che facciano una brutta fine. Quando ho fatto Kill Bill ho creato un mondo a parte in cui i cartoni animati potevano fare la loro entrata e dove non solo uno si può portare la sua spada da samurai in aeroporto, ma sull'aereo c'è addirittura l'apposito porta-spada! Death Proof, al contrario, è ambientato nel mondo reale, non c'è niente di immaginario. L'unica cosa che mi premeva era di fare un film come se lo stessi realizzando nel 1977".
Tirza Bonifazi Tognazzi
Qui sotto trovate il link del trailer del nuovo film di Tarantino and Rodriguez. Voi cose ne pensate di questo nuovo film, sarà un successo...?

Nuova tecnologia - Cinema 3D

Nulla a che vedere con gli occhiali blu e rossi del passato. Ora l'effetto è sbalorditivo. E Hollywood schiera i suoi pezzi da novanta.
di Alessio Balbi (9 maggio 2007)
Qui sotto trovate il link del video intervista fatta da Repubblica sul Cinema 3D.

sabato 5 maggio 2007

L'uomo con la macchina da presa - (Celovek s kinoapparatum)


Un film di Dziga Vertov. Genere Sperimentale, b/n, 87 minuti. Produzione Russia 1929

Se c’è un film refrattario a ogni tipo di schema narrativo è propria questo. Non c’è «storia», ma un semplice seguito di scene documentarie articolate secondo un montaggio molto complesso. Il pretesto è la vita quotidiana di una grande città (Odessa), in un giorno uguale a tutti gli altri. All’alba la città si ridesta e i proletari si affrettano versa il luogo di lavora, le macchine si mettono in moto, le strade si animano, l’agitazione urbana si fa sempre più febbrile... Poi arriva la pausa del mezzogiorno, c’è la siesta e, per alcuni privilegiati, ci sono le gioie della spiaggia. Cade la sera... Ma ecco che il proiettore sembra incepparsi, l’operatore è preso dal panico, lo schermo sembra dividersi in due... Il potere di quest’occhio meccanico è decisamente senza limiti.Parafrasando il titolo di un film similare di Walter Ruttmann su Berlino - Sinfonia di una grande città – si potrebbe definirla una Cacofonia di una grande città. Si direbbe che l’autore abbia voluto dimostrare che il realismo cinematografico è solo un’illusione cui lo spettatore deve strapparsi con una sforzo di analisi «dialettica»; che il cinema, per troppo tempo a rimorchio della letteratura e del teatro, abbia tutto l’interesse a far-giare un proprio linguaggio, foss’anche a prezzo di un certo narcisismo; che è dovere dell’uomo dalla macchina da presa» spezzare il processo alienante della narrazione e «seguire passo passo la vita». Da osservazione lucida e volentieri maliziosa della realtà, nasceranno forse le premesse di un uomo e di un’arte nuovi. A questo scopo Vertov moltiplica ricerche formali e sofisticati effetti di montaggio, passando per esempio da una sbatter di palpebre all’inquadratura di serrande che si alzano, o associando la toilette di una fanciulla alla pulizia di una città. Ma di qui a pretendere che, tramite questi accostamenti «significativi» (e che Dziga Vertov – alias Denis Arkadievil Kaufman, 1895-1954) chiama kinoglaz (cine-occhio), il cinema sia in grado di «decifrare il mondo visibile» e dunque di trasformarlo, c’è una certa distanza...Da I capolavori del cinema, Vallardi, Milano, 1990
Claude Beylie
Qui sotto trovate il link del trailer del film di Vertov e di come i Kinoki operavano con le loro macchine da presa (mdp).

mercoledì 2 maggio 2007

La Prima di Spider-Man 3 in Italia

Spider Man 3 invade le sale italiane. Cast completo del film di Sam Raimi con Tobey Maguire, Thomas Haden Church, Topher Grace, Kirsten Dunst.


La vita è meravigliosa per Peter Parker: ama, ricambiato, Mary Jane Watson, è idolatrato dalla popolazione e dalla stampa, nessun cattivo sembra resistergli. Le cose cambiano quando da un meteorite caduto nei pressi di New York, emerge un parassita che si insinua nel suo costume: lo sgradito ospite ha la capacità di scavare nell'animo dell'eroe e di fargli mostrare il suo lato peggiore. Intanto, nuovi e vecchi nemici si dimostrano più pericolosi del previsto ed anche Mary Jane, delusa dal comportamento del "nuovo" Peter lo abbandona….Riuscirà Spiderman a sconfiggere gli avversari e riconquistare il cuore della sua amata? Bello, ma con molte riserve: Spider-man 3 è un grande spettacolo, capace di colpire cuore e occhi, ma il perfetto mix di azione, ragione e sentimento ottenuto da Raimi con il secondo episodio, non si è ripetuto. Per tutta la durata della pellicola permane sottesa la sensazione che la sceneggiatura di Alvin Sargent, non riesca a "stare dietro" alla quantità di personaggi e situazioni che il film vorrebbe proporre. Due donne e tre villain di spessore sono troppi per un solo film e, malgrado la non irrilevante durata dello stesso (quasi due ore e mezza), alla fine della visione si è colti da un sentimento contrastante: certo, lo spettacolo non manca e alcune sequenze lasciano a bocca aperta e col fiato sospeso, ma si prova anche un vago senso di incompiutezza per quello che poteva essere e non è stato.Spider-man 3 è senza dubbio uno dei più spettacolari film di ogni tempo: le sequenze che vedono protagonisti Sandman e Venom, quella con la gru impazzita, il lungo combattimento finale, Peter e Mary Jane dolcemente sdraiati su una ragnatela, sono momenti di grande intensità emotiva e indubbio fascino visivo. Purtroppo però Raimi, forse stressato dalla responsabilità di dirigere il film più costoso di tutti i tempi (oltre 250 milioni di dollari) pasticcia un po' con script e personaggi e il risultato finale è inaspettatamente discontinuo. All'andamento altalenante del film contribuisce inoltre una prestazione del cast altrettanto incerta, che se da un lato vede Kirsten Dunst, diva inarrivabile e brava a incarnare e rappresentare le ansie della fidanzata insoddisfatta, dall'altro mostra un Tobey Maguire incredibilmente monocorde e inespressivo, un totem catatonico che affronta con lo stesso piglio le situazioni drammatiche e quelle più leggere (che scadono spesso nel ridicolo involontario). Spider-man 3 affastella troppi personaggi che, fatalmente, finiscono per aver ben poco spazio e senz'altro meno di quello che meriterebbero: fondamentale nel fumetto, Gwen Stacy, è qui per esempio ridotta a mera macchietta di contorno. La sensazione che Raimi abbia sprecato un assist vincente per chiudere alla grande una trilogia che, in ogni caso, avrà un posto di rilievo nella storia del cinema, c'è tutta. Una stella in più per il grande spettacolo degli effetti speciali.


Qui sotto il linck dell' intervista agli attori del film Spiderman 3.
http://tv.repubblica.it/multimedia/home/674646

Andrea Chirichelli

martedì 1 maggio 2007

Centochiodi

"Ultimo film di finzione per il maestro Olmi Amicizia", amore e vita quotidiana di un giovane professore alle prese con una nuova, necessaria, vita.

Un giovane e attraente professore universitario di filosofia si rende improvvisamente irreperibile. È infatti ricercato per un reato del tutto insolito: ha letteralmente inchiodato al pavimento e ai tavoli di una biblioteca ricca di antichi manoscritti e incunaboli quegli stessi volumi preziosi che avevano nutrito la sua formazione. Mentre i carabinieri lo cercano, il professore trova rifugio sulle rive del Po, a Bagnolo San Vito, dove una piccola comunità gli offre riparo e accoglienza.Ermanno Olmi, classe 1931, ha deciso, da spirito libero quale è sempre stato: Centochiodi è il suo ultimo film di fiction. D'ora in avanti tornerà al primo amore o, meglio, al mezzo espressivo che per primo ha incontrato sulla sua strada artistica: il documentario. Ecco allora che questa 'storia' diventa una sorta di testamento autoriale. Cosa preme di più al settantaseienne autore? Gli preme, ancora una volta, guardare alla Fede attraverso l'uomo. Un uomo liberato dal vincolo del rigore della Legge che, per interessi del tutto umani, si pretende essere metro di tutte le cose. La parola, la parola scritta, codificata nei libri non vale un caffè con un amico. Olmi contro la lettura quindi? Assolutamente no. Olmi contro l'agitare i Libri (di qualsiasi fede e religione) per nascondere dietro quelle pagine, di cui ci si proclama unici e indefettibili interpreti, progetti di egemonia culturale o politica. Il Sacro per il regista è troppo importante per essere chiuso entro limiti. "Ma pur necessari, i libri non parlano da soli" afferma l'epigrafe che apre il film. Chi parla veramente al cuore e alla mente del protagonista, un Gesù Cristo in autoesilio dal mondo freddo della 'Cultura', sono quegli umili che vivono sulle sponde del Po (fiume amato da Olmi che già ne aveva cantato la magia in un documentario) che sono capaci di accogliere con piena naturalezza (senza neppure far mancare quella carnalità che può anche sfociare nel motteggio volgare) lo Sconosciuto. Magari anche aiutandolo a riparare un tugurio, ricevendo poi in modo disinteressato la sua solidarietà nel difendere quegli argini che il mercantilismo cieco vorrebbe deturpare. È proprio in questa genuina umanità che si rispecchia il senso della vita secondo Olmi ed è un po' un peccato che il doppiaggio delle fasi iniziali del film e quello del valido Raz Degan (a riprova che i Maestri sanno trovare il talento là dove altri hanno visto solo l'esteriorità) in qualche modo ne falsino la compattezza, non solo stilistica ma anche sonora. Meglio sarebbe stato se Degan avesse parlato in quel suo italiano stentato che lo avrebbe fatto diventare un 'Cristo' venuto da lontano e ancor più pronto (rispetto a quello un po' declamatorio che ci offre il doppiatore) a 'imparare' dall'uomo che fa del dialetto il mezzo di comunicazione della sua saggezza popolare. Nonostante questo il film rimane nella mente e nel cuore spingendoci ad attendere il suo ritorno sugli schermi con i documentari che già sta realizzando.
Giancarlo Zappoli