lunedì 30 aprile 2007

Informazione

Per tutti coloro che volessero sottolineare errori di battitura, grammaticali o altro, lo possono fare con la dovuta correttezza. Non si accettano post offensivi e diseducativi, coloro che proveranno a postare frasi o testi offensivi o provocatori, contro colore che scrivono articoli, tali testi verranno cancellati dai commenti.
Ciao a tutti i Kinoki.

sabato 28 aprile 2007

Number 23

Number 23Vi è mai capitato di immedesimarvi talmente tanto nel personaggio principale di un libro da sembrarvi di leggere la storia della vostra vita? Oppure vi è mai capitato di essere ossessionati a tal punto da qualcosa, magari una superstizione, da condizionare ogni vostra azione?Questo è quello che capita al protagonista del nuovo film di Joel Schumacher: Walter Sparrow amorevole padre di famiglia, interpretato dal sempre ottimo Jim Carrey.Tutto comincia il 3 febbraio, giorno del compleanno di Sparrow, quando riceve sia il morso di un cane misterioso che un libro intitolato "The Number 23" in regalo.Quasi in un intersecarsi di realtà parallele ci troviamo a vivere sia la vita di Sparrow, che le vicende del protagonista del libro, il detective Fingerling (interpretato sempre da Carrey), sempre più incredibilmente legate tra loro a causa della maledizione del 23, infausto numero al quale in un modo o nell'altro possiamo associare sventure di vario tipo.Ovviamente, per generare una certa aspettativa e inquietudine, il numero compare quasi ossessivamente, in maniera esplicita e implicita, sia nella scenografia: su cartelli stradali, targhe delle auto, calendari e orologi; che nella sceneggiatura: date di nascita, somme del numero delle lettere che compongono i nomi propri, indirizzi e via dicendo.Schumacher diversifica stilisticamente i due universi che caratterizzano il film, quello letterario di Fingerling risulta onirico e surreale, un'ambientazione favolistica e al tempo stesso dark, delineata con movimenti di macchina e montaggio molto veloci e metaforici, e uno sviluppo temporale della vicenda assai tortuoso.L'altro universo, la vita di Sparrow, è girata in maniera molto classica, con una fotografia calda, scenografia e costumi semplici e realistici. Il continuum tra i due mondi è dato dagli attori che incarnano i vari personaggi nelle due diverse realtà. Questa diversificazione dissemina indizi per l'agnizione finale, alla quale si arriva nella seconda parte del film con una serie di spiegazioni che mettono al loro posto tutte le tessere del puzzle, ma rallentano un po' il ritmo che invece nella prima parte era sostenuto e carico di suspence.La prova degli attori è buona in quanto nello stesso film riescono a ricoprire ruoli molto diversi tra loro ma a risultare comunque credibili. Anche se la sceneggiatura ha saccheggiato idee qua e là, e calca un pò la mano con le varie coincidenze e connessioni al numero 23, risulta essere un buon prodotto di intrattenimento.La frase: "Il destino non esiste, esistono solo scelte diverse..."
Ilaria Ferri

lunedì 23 aprile 2007

E' Morto Alberto Grifi


E' morto Alberto Grifi, padre selvaggio del cinema sperimentale italiano
E' stato l'unico, grande nome del cinema sperimentale italiano all'altezza di quelli di oltreoceano. Ha rivoltato il cinema tradizionale ma ha anche inventato dei dispositivi (il vidigrafo) destinati a diventare d'uso comune in cinema e in tv. Il suo capolavoro, Anna. è stato forse l’unico grande romanzo d’avanguardia degli anni ’70 che la letteratura italiana di quegli anni, pur teorizzando all’infinito sull’avanguardia, non ha saputo scrivere.
Quando l’11 marzo scorso salì sul palco all’Auditorium di Roma per il primo e unico riconoscimento ufficiale mai ricevuto da un’ istituzione, (il premio speciale della Festa del Cinema: Apollo 11 e la Cineteca di Bologna hanno condiviso l’iniziativa), Grifi non sembrava uno cui i medici, da diversi anni, davano pochi mesi di vita. “E’ così – disse come parlando di una stranezza stagionale o del carattere di un animale imprevedibile – a volte la malattia sembra concedermi poche ore e sono giorni terribili, poi, però, il mio corpo misteriosamente reagisce e allora mi sembra che tutto sia più o meno come prima”.
Chi era Alberto Grifi ? Più che normale chiederselo visto che da anni viveva totalmente emarginato dall'apparato dei media e in uno stato assai vicino alla soglia di povertà.Espressione originale e sincera del cinema sperimentale italiano e internazionale, Alberto Grifi ha costruito il proprio lavoro intorno a una continua ricerca sui mezzi tecnici e sui modi di fare cinema, spesso forzandone i limiti e le potenzialità al fine di perseguire un’idea di linguaggio del tutto fuori degli schemi convenzionali.Con queste premesse ha trasformato non solo l’immagine, ma anche l’apparato produttivo dello spettacolo, consentendo alle idee, le proprie e quelle di coloro che hanno beneficiato delle sue intuizioni, di svilupparsi e circolare liberamente, senza compromessi.Fin dalla prima apparizione della Verifica incerta, un dissacrante montaggio intellettuale di film classici americani, Alberto Grifi inventa una nuova grammatica visiva, provocatoria e in costante evoluzione. Memore della lezione di Zavattini, conosciuto in gioventù, si pone fatalmente dalla ricerca della ‘verità’ delle immagini, documentando la vita sociale italiana di almeno tre decenni: dal film Anna, girato in video, a preziose testimonianze come Parco Lambro o Michele alla ricerca della felicità, questo ultimo sulla condizione carceraria, retaggio dall’esperienza personale dell’autore (che trascorse due anni in prigione), tutte opere destinate a provocare disprezzo e censura in patria, tra le impettite istituzioni, ed entusiasmo nel mondo underground.La destrutturazione del linguaggio filmico continua con L’occhio è per così dire l’evoluzione biologica di una lagrima, in cui reinterpreta uno scarto di lavorazione di Deserto Rosso di Antonioni. Senza dimenticare i documentari didattici, l’attività come fotografo d’arte, come autore di campagne pubblicitarie e trasmissioni radiofoniche, fino alle collaborazioni con la RAI negli anni ’80. Ancora oggi era al lavoro su più tavoli: sperando che da qualcuno di questi scaturisse ancora qualcosa di nuovo e intentato.Quell'ultima volta, con Alberto, abbiamo parlato dei lavori che stava per finire, un documentario su una poetessa con la musica di Fresu che intendeva farci vedere per la Festa del Cinema del prossimo anno, della possibilità che i suoi film finissero finalmente in DVD, della stranezza di una vita alla periferia più estrema del cinema che ha rivoluzionato il cinema. Inventore del vidigrafo (la macchina che per la prima volta ha permesso di trasferire le immagini video su pellicola), Grifi non è stato solo il filmaker barricadero e oltranzista di Anna – forse l’unico grande romanzo d’avanguardia degli anni ’70 che la letteratura italiana di quegli anni, pur teorizzando all’infinito sull’avanguardia, non ha saputo scrivere - ma anche l’ultimo artigiano capace di portare l’inventiva solitaria del pioniere della pellicola dentro il ring asettico e tecnocratico dell’immagine elettronica. Un’era geologica prima dei reality show, Grifi, dopo aver contribuito a destrutturate come tanti altri insieme a Godard il linguaggio cinematografico tradizionale (i cortocircuiti inifiniti di senso del montaggio di spezzoni della Verifica incerta), scopre l’infinità del tempo del quotidiano, il cinema come pantografo delle fluttuazioni temporali, dell'effervescenza dell' umore e dell' indignazione, dell’ instabilità di ogni attribuzione di senso a qualcosa: un cinema fatto di inquadrature in perenne interazione con le intensità e le energie della vita. La quale, da par suo, provvede a sconfinare nel cinema sconvolgendone le regole: come quando sul set di Anna, uno degli elettricisti prorompe in una dichiarazione d’amore per la protagonista. La loro relazione occupa la parte finale del film. La fine di quel personaggio sarà ancor più atroce e cinematografica: morirà accoltellato in Campo dei Fiori mentre tentava di difendere qualcuno da un’aggressione, qualche anno dopo. L’immaginazione del cinema non è null a confronto di quella spietata della vita.Discendente di una famiglia di cinematografari, anticonformista e sovversivo per attitudine, capace di sopravvivere anche ad anni di carcere e all’oblio quasi totale dei media, Grifi ha tenuto testa anche ad una malattia lunga, penosa e devastante. Stavolta non ce l’ha fatta: ma alla prossima, di vita, ricomincerà daccapo. Come prima.
Mario Sesti

venerdì 20 aprile 2007

I Vicere - Il Film

Roberto Faenza porta sul grande schermo I Vicerè di Federico De RobertoFonte: Garzanti Libri



Nella foto, Roberto Faenza.

E’ uno dei film più attesi della stagione I Vicerè che il regista Roberto Faenza ha tratto dal romanzo di Federico De Roberto, con la collaborazione alla sceneggiatura di Filippo Gentili, Andrea Porporati e Francesco Bruni. Il film, prodotto da Elda Ferri per Jean Vigo e la spagnola I.C.C S.A. in collaborazione con Rai Cinema e Rai Fiction, verrà montato in due versioni: una per il grande schermo, la seconda, più lunga, che verrà poi trasmessa in due puntate su Raiuno. «Un paese che propone tre versioni dei Promessi Sposi», ha dichiarato Faenza, «non può continuare a trascurare I Vicerè. Credo che il romanzo di Federico De Roberto sia adattissimo a raccontare i limiti del paese in cui viviamo, la sua capacità di fingere trasformazioni che lasciano tutto uguale, sì, proprio come diceva la celebre frase del Gattopardo.» Il cast è di grande richiamo: protagonisti sono infatti Alessandro Preziosi (Consalvo) e Cristiana Capotondi (Teresa), reduce dal successo di La notte prima degli esami. Con loro Lucia Bosé nei panni di Donna Ferdinanda e Lando Buzzanca: «Interpreterò il principe Giacomo. Un personaggio che con me non ha nulla a che fare perché lui è avido e superstizioso. Ma nel fondo di ognuno di noi ci sono questi sentimenti, e io andrò a scovarli.» Il film è stato girato nell'estate 2006, in buona parte a Catania (dove è ambientato il romanzo) e nel palazzo Chigi di Ariccia, già utilizzato da Luchino Visconti per alcune scene del Gattopardo. I costumi sono firmati dal a Milena Canonero, premio Oscar per Barry Lyndon e Momenti di gloria, la scenografia è di Francesco Frigeri. Maurizio Calvesi è il direttore della fotografia.

I Vicere



Federico De Roberto,
I Viceré
Einaudi Tascabili,
1990pp।700,

l centro di questo straordinario romanzo che ci occupa la mente e le mani per molte pagine di inaudita ricchezza - in quanto ad agganci con la storia e personaggi - si ritrova l’epopea d’una potente dinastia, la vicenda esistenziale, in buona sostanza, di un’antica famiglia catanese d’origine spagnola: gli Uzeda di Francalanza. E come sia venuto in mente, a De Roberto, di impiegare così poderosamente le proprie energie di letterato in un mondo di illustri personaggi che non ne apprezzavano il talento, è facile scoprirlo. Basta voltarsi indietro e guardare alla storia; volgere lo sguardo alla situazione sociale e politica in cui l'autore versava durante il processo di formazione del suo romanzo e immedesimarsi: un'epoca di cambiamenti, crisi, rinnovamento. L'opera che qui si analizza porta in sé un solo squarcio della lunga narrazione riguardante la vicenda genealogica degli Uzeda di Francalanza, venendo a costituire il secondo volume d’una trilogia che elenca in ordine d’uscita: L’illusione (1891), I viceré (1894) per l’appunto, L’imperio (1929, postumo).

lunedì 16 aprile 2007

300



Un film di Zack Snyder. Con Gerard Butler, Lena Headey, David Wenham, Dominic West, Vincent Regan, Michael Fassbender, Tom Wisdom, Andrew Pleavin, Andrew Tiernan, Rodrigo Santoro. Genere Storico, colore, 117 minuti. Produzione USA 2006
300 è violento quasi quanto Apocalypto, ma due volte più stupido. Tratto da un fumetto di Frank Miller e Lynn Varley, il film offre un roboante spettacolo di onore e tradimento. Le immagini ricordano un po' quelle che negli anni settanta venivano dipinte con l'aerografo sui furgoni dei rocchettari. Una stilizzazione anche interessante, ma pesante da sopportare per quasi due ore. La storia è quella della battaglia delle Termopili: il re Leonida guida trecento coraggiosissimi e pompatissimi spartani contro l'armata persiana comandata dal decadente Serse, che si è autoproclamato dio e vuole, come ogni cattivo che si rispetti, conquistare il mondo. I persiani, pionieri del piercing facciale, sono molti di più: tra le loro fila ci sono anche ninja, elefanti, dervisci, un rinoceronte e un gigante. Ma gli spartani hanno palestre migliori... Col tempo questa specie di videogioco potrà trovare la sua nicchia di fan come oggetto di derisione. Per il momento la sua muscolosa, muggente e autoreferenziale seriosità è più che altro noiosa.Da Internazionale, 23 marzo 2007
A। O. Scott (The New York Times)

Naqoyqatsi

Forse ricorderete un film uscito nel 1984, che fece molto parlare di sé per la particolare accezione in cui era stato utilizzato il veicolo-cinema. Questo film era "Koyaanisqatsi", opera prima di Godfrey Reggio, che alcuni anni dopo propose il suo "Powaqqatsi". Entrambi i titoli erano tratti dalla lingua Hopi, pellerossa dell'Arizona, e si trattava in tutti e due i casi di film privi di dialogo, un collage non-stop di immagini tratte dalla vita reale, che avevano lo scopo di denunciare situazioni nelle quali l'uomo con le sue scelte e le sue creazioni crea danni irreversibili a se stesso, ai suoi simili, agli animali: insomma a tutto il pianeta.
"Naqoyqatsi" è il terzo episodio di questa trilogia. Il titolo significa, tradotto letteralmente, "L'un l'altro uccidere molti vita". Le interpretazioni più profonde di questa frase parlano di vita poco considerata come valore, in un mondo in cui si uccide continuamente e senza scrupoli, di violenza autorizzata e civilizzata, di guerra come stile di vita ("Life as War"). Questa volta le immagini meravigliose montate in poco più di un'ora di pellicola ci parlano appunto di guerra, di nuove bombe sempre più micidiali, di alimenti che distruggono il nostro corpo, di fumo, alcool, droga. Ci raccontano la nostra dipendenza dai McDonald come dalle sigarette, dagli psicofarmaci e dalla TV, dai telefonini e da tutto ciò che ci crea l'illusione della perfezione.
In una fuga acceleratissma (quanto lo è la tecnologia nella quale viviamo ogni giorno) incalzata dalla stupenda colonna sonora, i flash del nostro mondo si susseguono, mostrandoci senza remore ma con molta poesia quello che tutti sappiamo ma teniamo nascosto a noi stessi: che stiamo distruggendo il mondo in cui viviamo, e che se non ci fermiamo non solo saremo certi di non lasciare nulla ai nostri figli, ma anche noi avremo ben poco da godere.
Un consiglio: superare lo scoglio dell'idea di un film senza trama nè dialoghi, per lasciarsi trasportare in questo viaggio allo stesso tempo angoscioso ma anche affascinante, senza nascondersi dietro falsi pudori, per vedere un aspetto di noi tutti che merita sicuramente di essere considerato.
Titolo: Naqoyqatsi (Naqoyqatsi - Life as War) Regia: Godfrey Reggio Sceneggiatura: --- Fotografia: Russell Lee Fine Interpreti: --- Nazionalità: USA, 2002 Durata: 1h. 09'

sabato 14 aprile 2007

Video maker

Vediamo ora come si può realizzare un filmino fatto sì in casa, ma con la pretesa di renderlo piacevole anche al di fuori della cerchia di familiari e amici. Chi scrive ha avuto il perverso piacere, nel corso degli anni di propinare i più ignobili filmati a numerose vittim...opss, spettatori, e per di più ha anche l'arroganza di dare dei consigli, prendeteli per quello che sono: indicazioni per evitare di commettere gli stessi errori che ho fatto io stesso nel corso degli anni (per vostra fortuna non vedrete mai i mitici "Chi ha rubato la cullaniella", e la serie del commissario Lo Cocco). E tenete sempre ben presente che il bello del cinema fatto in casa e proprio quello di poter realizzare quello che si vuole come si vuole, ed è con questo spirito libero che è meglio accostarcisi.
Prima di tutto bisogna ritrovarsi con un certo numero di persone, possibilmente altrettanto entusiaste di realizzare un'opera comune; meglio evitare di coinvolgere persone che mostrano scarso entusiasmo da subito: un attore che abbandona le riprese a metà film vanifica tutto il lavoro fin lì svolto.
E cominciamo subito a porre l'accento su cosa non bisogna fare: evitare assolutamente di organizzare le riprese senza avere idea di cosa riprendere. Il discorso dell'improvvisazione pura davanti alla telecamera, porta la maggior parte delle volte a filmini divertentissimi da realizzare, divertenti da vedere il giorno dopo, di una noia mortale negli anni avvenire e comunque sempre micidiale per chi non coinvolto in prima persona (es: un amico mi costringe a vedere un suo filmato di Gino che parla male di Tino facendo finta di essere Ciro, Gino e il mio amico si divertiranno anche, ma io, che non conosco nessuno dei tre, non vedo l'ora che il filmato finisca).
Quindi ogni opera deve partire con la preparazione perlomeno di un soggetto, dal quale ricavare successivamente una sceneggiatura. Normalmente non c'è bisogno di una vera e propria definizione dei ruoli all'interno del gruppo (come sceneggiatore, regista, attore), anzi, l'apporto di ciascuno dei collaboratori è spesso determinante per la riuscita dell'opera. Chiaramente possono nascere delle divergenze di opinione su determinate questioni, ma visto che lo scopo comune è di tipo ludico-ricreativo e non lavorativo-aggressivo, si dovrebbe riuscire ad appianare ogni questione con la massima serenità. Per quanto riguarda la sceneggiatura, può essere utile lasciarla "riposare" qualche giorno prima di iniziare le riprese, questo perché l'idea improvvisata, o dell'ultimo minuto, spesso col senno di poi risulta molto meno brillante delle aspettative. Questo non vuol dire rinunciare in maniera assoluta a una certa improvvisazione che può dare una maggiore spontaneità al prodotto, ma bisogna farlo con cognizione di causa e moderazione. Taluni prima di filmare realizzano uno
story-board con le scene più significative disegnate per poi ricrearle nella realtà, personalmente sono negato nelle arti grafiche, comunque è un ottimo metodo che può dare un valido aiuto nel capire come risulterà la scena una volta filmata e montata.
Chiaramente fin dal momento della realizzazione della sceneggiatura, bisogna tenere conto dei mezzi a propria disposizione. Così, dal punto di vista recitativo, i monologhi di un quarto d'ora è consigliabile lasciarli a Marlon Brando, mentre dal punto di vista tecnico bisogna analizzare
l'attrezzatura a propria disposizione, della quale parliamo in una pagina a parte.
Sarà poi il gusto personale a determinare lo stile e il genere del film; così come se scegliere di puntare di più sulla recitazione o sulla realizzazione, l'importante è conoscere i propri inevitabili limiti (li ha anche Spielberg), e mettere in mostra le proprie qualità. Altro aspetto fondamentale è il non perdere mai di vista che si fà tutto questo per passione e divertimento. Naturalmente si può anche aspirare ad intraprendere una carriera da regista professionista, ma bisogna avere ben presente che le possibilità di successo non sono molto maggiori di quelle di diventare titolare nella Fiorentina.
Non mi dilungherò nel sottolineare che le riprese non devono essere traballanti, che se l'attore sbaglia una battuta bisogna rigirare l'inquadratura, che nella stessa scena ripresa in tempi diversi è consigliabile che gli attori indossino sempre lo stesso vestito e soprattutto che il controcampo di una scena soleggiata non sia ripreso sotto la pioggia.
Una volta ultimate le riprese, c'è forse la parte più ingiustamente sottovalutata di un film: il montaggio. La storia del cinema è costellata da film con superbe sceneggiature e magnifiche riprese, martoriati da infami montaggi. Già al momento della stesura della sceneggiatura bisogna cercare di dare una sorta di equilibrio al film nel suo complesso; ma è al momento del montaggio che si arriva a lavorare col bilancino. La scelta del materiale (ricordarsi di girare ogni scena più volte!!) e il suo assemblaggio normalmente richiedono un tempo fin maggiore di quello dedicato alle riprese, se non fosse così meglio incominciare a fare autocritica e rivedersi le parti filmate. Per quanto riguarda la scelta tra doppiaggio e presa diretta, è opportuno
valutare i mezzi a disposizione e la bravura degli attori. Una colonna sonora ben fatta aiuta indubbiamente qualsiasi filmato, il problema è scegliere fra musica già nota o prendere contatto con un musicista interessato al progetto; anche questo dipende dal tipo di opera che si vuole realizzare: completamente autarchica o con "prestiti" esterni (è sempre difficile rinunciare alle musiche di John Williams o Vangelis, d'altra parte il loro utilizzo và a discapito dell'originalità del filmato).
E una volta che il film è scritto, girato e montato? Indubbiamente gli sbocchi sono pochi, pochi concorsi nazionali e un paio di internazionali; è anche difficile trovare locali per proiettare i filmati, forse anche perché è difficile trovare un pubblico al di fuori della cerchia delle proprie conoscenze. Ma non preoccupatevi, la sezione della Rete Civica di Cremona del Cinema Elettronico è a vostra disposizione per dare uno sbocco mondiale al vostro filmato.

Salve a tutti i Kinoki

Ciao questo blog nasce per dare la disponibilità a chiunque di mettere in mostra le vostre capacità di video maker.
Vi auguro buona fortuna e sopratutto in bocca al lupo!!!
Carlitos 81